martedì, febbraio 06, 2007

AUTOIDENTITA' - CAP. 3 - Barcellona

Barcellona
sette giorni e sette notti.

Il (non)luogo della partenza non si guarda, si saluta.
Non ha importanza e non lascia ricordi.
Corpo e mente sono all’arrivo.

Sfoglio una guida della National Geographic e le prime “.img” mi consumano la vista, altre già ne creo. Le immagini del viaggio sono foto da cui rimango sempre molto affascinato. Queste rappresentazioni della realtà vivono un sorta di nontema, metafore “emozional-visive” dello stato di inerzia mentale tipica dello spostamento. Il nonluogo ne è protagonista e sfondo; sposta l’attenzione verso l’uomo, verso la solitudine e infine verso l’autoidentità.

“…Il viaggio diventerà presto analogo ad una verifica: per non deludere, la realtà dovrà assomigliare alla sua immagine.” Marc Augé

Nuove relazioni però si creano dalle ceneri delle precedenti e anche in questo caso non valgono le leggi della addizione. Queste foto faranno poi spettacolo, verranno proiettate rafforzando nell’atto della convivialità la sensazione di attesa, di sospensione e di speranza di cui si fanno portatrici. Immagini intro/outro. In parallelismo le stesse proprietà che M. Augé conferisce ai cantieri e alle rovine.

“…I cantieri, eventualmente a costo di un’illusione, sono spazi poetici nel senso etimologico della parola: vi si può fare qualcosa; la loro incompiutezza contiene una promessa.” Marc Augé

Dal caos dalla incompiutezza qualcosa emergerà, si accosterà fino a raggiungere un senso.


ANDATA:
Casa - stazione di Faenza (mezzo automobile)
stazione di Faenza – stazione di Mestre (mezzo treno)
stazione di Mestre – aeroporto di Venezia (mezzo bus)
aeroporto di Venezia – aeroporto di Barcellona (mezzo aeroplano)
aeroporto di Barcellona – Barcellona (piazza Università) (mezzo bus)


RITORNO:
Barcellona (piazza Catologna) – aeroporto di Barcellona (mezzo bus)
aeroporto di Barcellona – aeroporto di Venezia (mezzo aeroplano)
aeroporto di Venezia – stazione di Mestre (mezzo bus)
stazione di Mestre – stazione di Ferrara (mezzo treno)
stazione di Ferrara – stazione di Ravenna (mezzo bus)
stazione di Ravenna – Casa (mezzo automobile)

In precedenza l’elenco degli spostamenti fatti per andare e tornare da Barcellona città.
Da Wikipedia: Barcellona (in castigliano e catalano Barcelona) è il capoluogo della Catalogna, una regione autonoma del nord-est della Spagna, oltre che capoluogo dell'omonima provincia e della comarca d'El Barcelonès. Con una popolazione di 1.593.075 abitanti in città e 5.082.126 nell' area metropolitana, Barcellona è la seconda città di Spagna per numero di abitanti. Nel 1992 Barcellona fu sede dei Giochi Olimpici estivi. Nel 2004 ha ospitato un evento internazionale, il Forum universale delle Culture. È situata al margine del mar Mediterraneo, a circa 160 km a sud dalla catena montuosa dei Pirenei e 180 dal col du Perthus, che segna il confine con la Francia, in una pianura situata tra il mare e la suddetta catena montuosa, tra le foci dei fiumi Besòs e Llobregat. Il comune è delimitato a nord dai comuni di Santa Coloma de Gramenet e Sant Adrià de Besòs, a ovest da Montcada i Reixac e da Sant Cugat del Vallès, a sud dalla zona franca con L'Hospitalet e Esplugues de Llobregat, mentre a est rimane solo il mare. I rilievi della città possono venire divisi in tre sezioni distinte: i monti della Collserola, con il Tibidabo come maggiore cima (512 m) a dominare la città con il suo parco dei divertimenti; la pianura; il delta del Besòs e del Llobregat perpendicolari alla costa. Altre vette minori emergono dalla piana litoranea, la più conosciuta delle quali è il Montjuïc (173 m), vecchio sito olimpico nei pressi del porto. Il sindaco attuale è Joan Clos.

Il viaggio di andata è stato rapido ed “indolore”, le coincidenze hanno funzionato alla perfezione. Arriveremo davanti all’appartamento (quartiere Il Raval) ben 2 ore prima del previsto. Il tempo in questi casi passa sempre lentamente e tutto ciò che ti circonda non è predisposto alla distrazione, non è interessante. Presto l’attenzione si sposta versò le soggettività (individualità umane). Spesso mi diletto nell’osservare quanto l’uomo sia in grado di comunicare attraverso solo il suo esistere (comunicazione paraverbale). Costruisco storie partendo da poco: espressioni, abbigliamento, parole rubate, etc etc sono indizi validi per la mia fantasia. Mi piace pensare di aver indovinato. Nessuno di noi si è dimenticato di portare con se i soliti aneddoti alla noia. Libro, giornale, lettore CD ed I-Pod ci danno quel minimo calore in cui presto ci rifugiamo. La mente è ora libera di vagare in universi creati per noi dallo scrittore o dalla musica, è al sicuro.
È chiaro che il viaggio non si vive ma si subisce.
Il fatto di essere in gruppo aiuta molto, si acquisisce la capacità di creare interstizi (luoghi dentro a nonluoghi) che chiameremo “mentali” o “narrativi”. La conversazione e il confronto danno identità al gruppo, il quale se ne alimenta fino a diventare un qualcosa di paradossalmente autonomo. In gruppo non si è autoidentitari ma pluriidentitari. Si capisce quindi che l’autoidentità come il nonluogo è una condizione ideale e pura quindi mai totalmente raggiungibile. Ci siamo! È ora di scendere siamo alla stazione di Mestre.
Una brevissima attesa e saliamo sul Bus, dopo circa trenta minuti siamo all’aeroporto.
Appesantito dalle valige guardo l’architettura… niente male, direi un po’ Zen.

Scrivono di questo progetto: 10/07/2002 – Inaugurato il nuovo aeroporto di Venezia. La struttura, a 14 anni dal primo progetto firmato dall’architetto Giampaolo Mar, ha aperto i battenti sabato scorso. Studiata per accogliere 6,5 milioni di passeggeri, anche se ne può accogliere almeno un paio di milioni in più, è costata 110 milioni di euro. L’esterno è costituito da mattoni rossi e coperture in rame preossidato, mentre all’interno, una balconata si affaccia attraverso una vetrata sulla laguna e un ampio panorama. Sessanta sono i banchi di accettazione, tre chilometri i nastri per lo smistamento dei bagagli, il sistema di sorveglianza è digitale. Una metropolitana regionale collegherà il territorio alla nuova struttura dell’aeroporto Marco Polo. Il progetto di allargamento dell'aeroporto Marco Polo nasce dall'esigenza di fornire alla città lagunare una struttura in grado di assorbire il flusso turistico che fa di questo aeroporto il 3° scalo italiano, con previsione di crescita costante nei prossimi anni. Il progetto architettonico, si stacca completamente dall'idea dell'aeroporto come luogo asettico e fortemente high tech e si ispira invece alla tipologia edilizia dei magazzini fluviali dell'area veneziana (per sottolineare il rapporto che lega questo edificio e la città al mare l'architetto ha realizzato nell'area antistante l'edificio una copertura ad onda). Lo sforzo creativo si è espresso nella cura dei dettagli, nella scelta di materiali di grande pregio per le finiture e nelle ampie pareti vetrate che offrono al viaggiatore una splendida visione della città immersa nella laguna. L'aeroporto Marco Polo si configura come il primo grande progetto realizzato in Italia con il laminato preinverdito TECU®-Patina che trova qui un'applicazione senza precedenti, con una fornitura di circa 20.000 mq. La scelta di questo prodotto risponde alla volontà del progettista di caratterizzare l'edificio con un segno molto forte (le coperture a falda, una copertura ad "onda" della zona di carico/scarico delle merci e il rivestimento delle passerelle di collegamento ai "finger") riprendendo così la colorazione dei molti tetti in rame presenti a Venezia e il colore dell'acqua della laguna che circonda l'aeroporto e l'intera città.

Scopro solo ora che in questo aeroporto sarà realizzato un nuovo terminal che costituirà una porta d’acqua verso la città, una struttura per collegare via mare la zona dell’aeroporto e la terraferma con la città di Venezia. Architetto: Frank O. Gehry. Nonluogo ibrido. Architettura di “pelle”. Architetture che affrontano il tema cercando identità nella storia o nei simboli della città di Venezia. Soluzione o confusione?
Inizia la procedura al check-in. L’aspetto è quello di un rito. Prima in fila indiana, poi codice del volo, carta di identità, pesatura ed etichettatura del bagaglio infine rilascio della carta di imbarco.

“…Poiché i riti assumono, metaforicamente o meno, la forma di un viaggio, non vi è da stupirsi se il viaggio, a sua volta, ha sempre qualcosa di un rito.” Marc Augé

Un’oretta e ci si trasferisce nel gate (zona imbarco), ma prima: controllo bagaglio a mano, identità e carta di imbarco. Niente di nuovo.
Finalmente nella zona franca! Le poltroncine di pelle sono particolarmente comode, ma non resisto alla tentazione di farmi un giretto. È incredibile, quasi miracoloso, come si abbia la sensazione di vivere in una utopia democratica in cui ogni individuo viene privato di una propria etnia (nel senso classico). Qui, appariamo tutti diversi/unici grazie proprio al riconoscimento di noi stessi, della nostra identità. Identità “classica” o altro sociale che pare però sbriciolarsi/fondersi subito dopo la sua richiesta. Ancora una volta, e in questo nonluogo più chiaramente che mai, l’uomo appare in una sorta di purezza che ho denominato autoidentità. No! Non più no-identità e no-relazioni, ma nuove potenziali identità e nuove potenziali relazioni.
Il problema è ora più chiaro, le potenzialità per un nuovo livello di relazioni interpersonali esistono, ma vengono in un certo senso annullate dalla imperatività del nonluogo. Libertà e democrazia mentale vs. comandi e percorsi obbligati. Questo è il problema.
A conferma delle mie ipotesi arriva la segnalazione: è ora di imbarcarsi! Ancora carta di identità e carta di imbarco. Un breve tragitto a piedi e veniamo accolti dalle hostess all’interno dell’aereo. Guardiamo nel biglietto il codice che rappresenta la nostra poltrona, riponiamo il bagaglio a mano nel ripiano apposito e sediamo ordinatamente. Dittatura.
Le solite procedure e in un’ora atterriamo all’aeroporto di Barcellona (BCN). Architetto: Ricardo Bofill (si è occupato anche della ristrutturazione della stazione di Bologna). In quota ci vengono proposte: letture, alcolici, film e cuffie. La mia idea non cambia. Un bus ci porta nella zona dove aspettare le valige. Aspettiamo e prendiamo le valige. Ci viene indicato dove aspettare il bus per Barcellona città (direzione piazza Catalogna). Aspettiamo, facciamo il biglietto, partiamo. Usciamo a piazza Università. Un breve tragitto a piedi e siamo all’appartamento. La mia idea non cambia.
Sette notte e sette giorni e si riparte verso casa.
L’ aero-bus collega piazza Catalogna all’aeroporto. Per eccesso di zelo arriviamo ben 3 ore e mezzo prima del volo. Inizia l’attesa.
Aspettare significa essere rivolti con l’animo e con la mente a persona o cosa che deve arrivare o che deve accadere. Definizione in un certo senso compatibile con l’idea di viaggio o meglio di spostamento fisico. Quindi, se aspettare impegna totalmente il tuo corpo è possibile estraniare questa sensazione? Forse con i cosiddetti “aneddoti alla noia” (libro, I-pod, etc etc).
Sicuramente lo stato d’animo dell’attesa si presenta con una accezione negativa, ma credo che favorisca il viaggio (come inteso da Michael Crosbie nella rivista Progressive Architecture: “si va al Mall of America con la stessa religiosa devozione con cui i Cattolici vanno in Vaticano, i Musulmani alla Mecca, i giocatori di azzardo a Las Vegas, i bambini a Disneyland”).

Il check-in si presenta come al solito, tutto sarà simile ma diverso (Déjà Vu).
Siamo seduti in aereo quando ci viene comunicato in lingua inglese un problema di natura elettronica, la richiesta di un ingegnere. Finalmente si respira un’aria di realtà, che diventa preoccupazione. Un piccolo imprevisto e la teca di cristallo costruita in torno a noi crepa lentamente, l’aria vera entra. Una mezzora dopo ci viene comunicato che il sistema è stato resettato, il problema è risolto. Il vero e proprio decollo tarderà di circa un’ora. Le coincidenze, il percorso pre-ordinato non esiste più, aspettiamo il nostro turno.
La coincidenza con il treno che avrebbe dovuto portarci a Bologna ormai è andata. Unica alternativa è prendere l’ultimo per Ravenna.
Sto scrivendo percò siamo atterrati senza ulteriori problemi all’aeroporto di Venezia. Ritiro bagagli, biglietti e siamo pronti ad aspettare il bus per la stazione di Mestre. Lo prendiamo.
Sembra essersi rotto qualche equilibrio, il percorso và ripensato/riorganizzato. Approfittiamo della lunga attesa per il treno (direzione Ravenna) per fare i biglietti e cenare con un panino.
È ora! Ci rechiamo al binario, ma prima di salire chiediamo conferma: “ferma a Ravenna?”. Bene, ci viene comunicato dal capo treno che la stazione di Ravenna è chiusa per lavori, forse un bus ci porterà comunque lì, dobbiamo scendere a Ferrara.
Sediamo in un posto che scopriamo solo dopo essere passibile da prenotazione. L’animo è diverso, alla seconda disavventura in tutti noi aleggia un nuovo spirito, il viaggio. In un nonluogo una catastrofe può dare identità, in uno spostamento una disavventura può dare il viaggio. Lo stato di attesa è svanito. A Ferrara un bus ci porterà a Ravenna, poi in auto fino a casa, forse.

“…L’ideale della comunicazione è l’istantaneità, mentre il viaggiatore se la prende comoda, coniuga i tempi, spera, si ricorda.” Marc Augé

“…Il turismo come ricerca di senso, dunque, con le estroversioni ludiche che incoraggia e le immagini che genera, è un meccanismo di comprensione graduale, codificata e non traumatica dell’esterno e dell’alterità.” Rachid Amirou

Il turismo genera spostamenti e non viaggi. E se il turismo è metafora di una scenario, il viaggio è la scrittura. Il nostro viaggio di ritorno verrà raccontato, diventerà narrazione, storia. Il viaggio è quindi un percorso prima reale poi della narrazione del tutto simile alla scrittura.
Questo stato spinge il viaggiatore (come lo scrittore) a cercare di incontrare o costruire se stesso e la propria autoidentità con ricordi, immagini, testimonianze o alterità.

“…Mi sveglia verso mezzogiorno, al rombo sordo dell’aria condizionata; il dolore alla testa era leggermente diminuito. Sdraiato sul letto king-size riflettei sulla struttura del circuito e sui suoi meccanismi. Il gruppo fin lì informe avrebbe finito per trasformarsi in vibrante comunità; già da quel pomeriggio avrei dovuto scegliermi un posizionamento, cominciando con la selezione dei pantaloncini per la passeggiata sui klongs.” Michel Houllebecq in “Piattaforma” capitolo 5.

Grazie per l'immensa attenzione.
Andrea Magnani - "AUTOIDENTITA'"