mercoledì, gennaio 23, 2008

CONSUMATTORE

L'azienda è il target del consumatore

l consumatore
è "la controparte non professionale dell'impresa" definizione del Prof. M. Bessone (Contratti del mercato e teorie del consumo, PD 1976, p. 621). “Colui che prende-toglie dal Mercato”.


La vita è ora (13 Gennaio 2007) organizzata intorno al consumo, è priva di norme. Guidata dalla seduzione (e ci torneremo), da desideri sempre maggiori e da capricci volubili. Una società dei consumi basata sul raffronto universale (e non più quello con il vicinato) ha come suo limite solo l’infinito. La principale preoccupazione è dunque quella dell’adeguatezza. Essere sempre pronti, cogliere al volo le nuove opportunità, sviluppare nuovi desideri, straordinarie e inaspettate seduzioni, darci dentro più di prima e non permettere mai che i bisogni consolidati bandiscano le sensazioni nuove o riducano la capacità di viverle e assorbirle. Continuare a correre, partecipare alla gara diventa la vera assefuazione, non il premio. E’ più importante avere sempre il cellulare più cool che avere quel cellulare. Nessuno dei prodotti o dei servizi presenti nel mercato è così seducente da togliere attrattiva verso gli altri. Secondo Bauman “Il desiderio diventa un obbiettivo fine a se stesso, l’unico obbiettivo incontestato ed incontestabile”.

L’onere più gravoso e irritante che i consumatori sono chiamati a sostenere è la necessità di stabilire delle priorità: il dover abbandonare alcune opzioni e lasciarle inesplorate. L’infelicità del consumatore nasce da un eccesso, non da una penuria, di scelte. “Ho utilizzato i mezzi a mia disposizione nel migliore dei modi?” è la domanda che ossessiona il consumatore.

Le regole del genio della lampada sono andate a farsi fottere, desidero altri desideri! Una corsa da obbiettivo in obbiettivo sospinti dal motore autoalimentante del desiderio. L’archetipo di tale particolare corsa è l’attività dello shopping. L’infinita ricerca del nuovo e migliore con cui l’Uomo si inserisce nel Mercato diventando consumatore. L’odierno consumismo non è più incentrato sul bisogno ma sul desiderio, una entità volatile e frivola, evasiva e capricciosa. Un desiderio che desidera solo altri desideri, come un cane che si morde la coda, come un obbiettivo che ha come obbiettivo altri obbiettivi. Ma oggi (13 Gennaio 2007) citando Bauman che cita Ferguson: laddove la facilitazione del desiderio era fondata su raffronto, sulla vanità, sull’invidia e sul bisogno di autoapprovazione, niente sostanzia l’immediatezza del capriccio. L’acquisto è casuale, imprevisto e spontaneo. Possiede la fantastica qualità di esprimere e al contempo soddisfare un capriccio, e come tutti i capricci, è insincero e bambinesco. Oggi (13 Gennaio 2007) abbiamo bisogno di uno strumento stimolante ancora più potente e versatile del desiderio per mantenere la domanda di consumo ad un livello adeguato alle sterminata offerta. Il capriccio è la soluzione. Il capriccio è la soluzione? Abbiamo quindi un nuovo consumatore che sceglie cosa “togliere” dal mercato secondo criteri nuovi non più legati al bisogno ma al desiderio ed infine il capriccio.


Il consumatore ha quindi con questi strumenti modificato il mercato e se stesso ponendo fine al suo noviziato diventando infinitamente più esigente, scaltro, selettivo, autonomo, competente, pragmatico, proattivo, infedele alla marca. Non più spinto dai bisogni ha sublimato la sua condizione da semplice comparsa ad attore protagonista. E’ nato un nuovo consumatore che ha cambiato pelle in cerca di esperienze più che prodotti, di emozioni e sensazioni più che valori d'uso. Generando inediti modelli di consumo, più simili al patchwork che alla linearità/prevedibilità del passato, di cui è necessario apprendere le regole. Nella postmodernità il consumo assume una crucialità simile a quella riconosciuta alla produzione nella fase della modernità. Il rischio, per chi produce (e quindi anche chi progetta) e vende, è non cogliere le straordinarie opportunità che la nuova centralità del consumo offre. Sembra una scherzo ma è tutto vero: l'azienda è il target del consumatore. E se lo dice Layla Pavone (presidente AIB Italia) possiamo crederci.


Una Citazione: Scrive FrËdËric Beigbeder nel suo libro che titola: Euro 13,89 (Feltrinelli): "Sono un pubblicitario: ebbene si, inquino l'universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C'è semrpe una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perchè la gente felice non consuma".


Un Esempio: David Weinberger e il marketing dal volto umano
Le nuove strategie di marketing, nell'era del web 2.0, devono partire dalla comprensione delle conversazioni.
Si è svolto a Milano lo IAB Forum 2007, il più importante evento per il mercato dei media interattivi. Il filo conduttore delle giornate è stato ben sintetizzato da Layla Pavone, presidente IAB Italia, nel titolo della sua presentazione: “Sesto potere ovvero quando l'azienda è il target del consumatore”.
Gli sviluppi tecnologici e l'evoluzione della comunicazione in rete hanno messo il consumatore al centro creando una situazione di “customer empowerment” che porta a riscrivere le regole del marketing.

David Weinberger: come Internet ha cambiato il marketing
Creatore, insieme a Chris Locke e a Doc Searls, del Cluetrain Manifesto la sua relazione è partita proprio dalla prima e famosissima tesi Markets are conversation, per descrivere come queste conversazioni debbano essere conosciute, osservate e rispettate. “Onorare la conversazione” è la traduzione letterale del messaggio che ha lanciato Weiberger.
I vecchi assunti di marketing vanno cambiati e, addirittura, rovesciati. Il controllo assoluto non può più essere l'obiettivo delle aziende e della comunicazione aziendale. E' finita, infatti, l'era del messaggio unidirezionale e, di conseguenza, è ormai superata la visione del marketing come guerra. Concetti consolidati quali colpire il target (bersaglio), penetrazione del mercato, campagne marketing, traevano dichiaratamente spunto da una terminologia bellica che oggi si rivela quanto mai inadeguata alle mutate condizioni.
Nell'era del web 2.0 non esiste più un confine preciso tra chi produce e chi subisce i contenuti, per cui il tradizionale concetto di autorità viene stravolto: tutto è indefinito (“Everything is miscellaneous” come il titolo del nuovo libro di Weinberger).

Che fare allora?
I suggerimenti esposti nella relazione sembrano apparentemente semplici ma sono, oggi, ancora lontanissimi dalla cultura media aziendale dominante.
Anziché ostacolare questo flusso d'informazioni, potenzialmente dannoso proprio in quanto incontrollato, le aziende dovrebbero assecondarlo, tramutandolo in una grande opportunità.
Lasciare, quindi, liberi sia i consumatori che le informazioni da questi generate permettendo loro di assumere potere: tutto ciò può trasformarsi in una grande risorsa a condizione di avere un atteggiamento chiaro, trasparente e onesto.

L'obiettivo è la reputazione
Il passaggio dal concetto di brand awareness a quello di brand engagement, passa necessariamente attraverso l'esperienza diretta della marca e la sua reputazione, che oggi costituisce il vero valore per un'azienda.
Stiamo, pertanto, assistendo ad una rivoluzione, come la definisce Weinberger in un'intervista alla Reuters, in cui si sbilancia ulteriormente parla della necessità di imparare a comunicare in modo diverso: “A mio giudizio, le aziende faranno la cosa giusta ammettendo il fatto basilare della loro umanità. E cioè che non sono perfette, sono molto umane, hanno motivi di interesse e devono affrontare il consumatori su questa base”.
Le aziende che sapranno cogliere questa sfida velocemente approcciandosi in modo nuovo ai consumatori sopravvivranno e si svilupperanno, pronte ad affrontare i nuovi scenari del web 3.0 o 4.0 di cui già si comincia a discutere.