mercoledì, gennaio 09, 2008

JUNKSPACE – tutto nasce tutto muore tutto...

"Il cambiamento è stato staccato dall'idea di miglioramento. Il progresso non c'è più; la cultura barcolla di lato senza sosta, come un granchio fatto di Lsd..."
Junkspace è un libro ed un concetto elaborato da Rem Koolhaas. Il Junkspace è ciò che resta mentre la modernizzazione (e/o la sur-modernizzazione) fa il suo corso, è la somma complessiva di tutte le sue conquiste espulse come in un rigurgito nel nostro Ambiente. Nasce dalla necessità di avere il massimo nel minimo tempo, nasce dall’esigenza di rincorrersi senza pause, nasce da scelte e da dinamiche su cui l’architetto o il designer, come li conosciamo oggi, non hanno alcuna influenza. Il Junkspace è una sorta di tendenza sia fisica che metafisica che porta alla morte del progetto cibandosene voracemente. Si può definire come una sorta di perenne brain-storming volto alla costruzione e ricostruzione del Mondo nel quale nulla è importante.

Copiando direttamente dal retro del libro (tra)scrivo che qui il rapporto fra storia e identità (fra «destino e carattere», direbbe Benjamin) viene smascherato crudelmente: «L’identità concepita come questo modo di condividere il passato è un’affermazione perdente: non solo in un modello stabile di continua espansione demografica c’è proporzionalmente sempre meno da condividere, ma la storia stessa possiede una emivita (L'emivita è una misura della stabilità di un isotopo: più breve è l'emivita, meno stabile è l'atomo) odiosa: più se ne abusa meno si fa significativa, finché i suoi vantaggi depauperati diventano dannosi. Questo assottigliamento viene esasperato dalla massa in costante crescita di turisti, una valanga che, alla ricerca perpetua del “carattere”, macina identità di successo fino a ridurle in polvere senza significato». E la risposta a tutto questo non può essere l’ormai usurato concetto di Nonluogo, ma qualcosa di più vasto. Il Junkspace.

Il Junkspace come una sorta di Mondo-Nonluogo in cui la morte dei progetti fa da concime per il nuovo, per un perenne proliferare incontrollato perché troppo esteso ed impalpabile. E’ forse il frutto futuro della modernità debole e diffusa di Andrea Branzi? Il Junkspace agisce sulla tua percezione del tempo e dello spazio rendendoti incerto sul dove sei e in che periodo storico. E’ nato da se stesso per disorientarti e liberarti dalla gabbia del significato. Nel Junkspace nulla ha più senso se non nel stesso Junkspace “…riflessi narrativi che fin dall’inizio dei tempi ci hanno permesso di collegare punti, colmare vuoti, sono ora rivolti contro di noi: non possiamo smettere di osservare: nessuna sequenza è troppo assurda, banale, insignificante, offensiva… Attraverso il nostro vecchio apparato evolutivo, il nostro insopprimibile spazio d’attenzione, registriamo senza scampo informazioni, formuliamo giudizi, spremiamo significato , leggiamo intenzioni; non possiamo smettere di ricavare un senso dal totalmente insensato…”.

Nella fotosopra un progetto nato dal Junkspace durante
l'occupazione di uno stand al Salone Satellite di Milano 2007

Il Junkspace esplora la natura architettonica della Città Generica condannando definitivamente tutta la cultura architettonica del XX secolo che ha cercato invano di resistere alla modernizzazione tramutando il mito dello spazio in un alibi per riempire gli edifici «di scoperte, di intenzioni grandi e piccole, di desideri, di cose, di colore o almeno di vernice», sublimando gli effetti. Effetti che rimanendo incontrollati producono Junkspace, il quale si identifica nella essenza dello spazio, essere e non apparire. E’ la maglia che tiene insieme gli infiniti elementi di un Mondo complesso, che non può avere un potere simbolico in ognuno dei suoi elementi singolarmente, ma diventa rilevante e simbolico solo nella sua totalità, diventa Junkspace.

Installazione temporanea realizzata durante il
Salone del Mobile '07 all'interno del Politecnico di Milano

Nel Junkspace puoi trovare di “tutto”, anche “…un ecofascismo benigno che colloca un raro esemplare di tigre siberiana in una foresta di slot machines, vicino ad Armani, nel mezzo di un perverso barocco arboreo…”, ma diventa interessante constatare come proprio la creatività, necessaria al mondo del progetto, si ciba di questo “tutto” il quale è in grado di fornire infinite fonti di ispirazione. Ci illudiamo quindi di essere creativi mentre è lo stesso Junkspace a farci diventare tali, prima ci sazia poi però non si fa scrupoli nel negarci il cibo. Il prezzo da pagare è la morte dell’ego e di striscio dell’architettura e del design come li conosciamo ora. Nel Junkspace non c’è spazio per l’autore, non ne ha bisogno.

E la cosa incredibile è che non ce ne siamo accorti!